ECOLOGIA SOCIALE

27 – 28 – 29 APRILE 2018

Ex Ospedale S. Giacomo – Ex Camera del Lavoro di Carrara

ECOLOGIA SOCIALE 1988-2018 battaglie ambientali nel territorio apuano

L’idea di partenza è quella di proporre i materiali conservati presso il nostro archivio che hanno come filo conduttore la lotta per la salute pubblica e la chiusura della fabbrica Montedison. Per mantenere una memoria attiva e vigile, ragionare sullo stato attuale della bonifica e aprire un dibattito sulle problematiche legate alla velocità e alla modalità di escavazione selvaggia delle montagne; la trasformazione in distretto minerario avvenuta negli ultimi trent’anni del nostro territorio.

«Quando la natura può essere concepita o come uno spietato mercato competitivo, o come creativa e feconda comunità biotica, ci si aprono davanti due correnti di pensiero e di sensibilità radicalmente divergenti, con prospettive e concezioni contrastanti del futuro dell’umanità. Una porta ad un risultato finale totalitario e antinaturalistico: una società centralizzata, statica, tecnocratica, corporativa e repressiva. L’altra, ad un’alba sociale, libertaria ed ecologica, decentralizzata, senza Stato, collettiva ed emancipativa.»

Murray Bookchin, ecologista anarchico.

LA MOSTRA

Farmoplant Montedison: 1988 – 2018 trenta anni dallo scoppio del serbatoio di Rogor, ripercussioni sociali e inquinamento dell’area della z.i.a.

A quasi trent’anni dalla chiusura dei battenti del famigerato impianto industriale, produttore di pesticidi e inceneritore di rifiuti tossici provenienti da ogni angolo del paese, situato nella Zona Industriale Apuana, vogliamo raccontare le vicende che hanno segnato quelle lotte e le vite di moltissimi cittadini, cercando di trarne spunto per una riflessione sul presente.

Tutto era potenzialmente pericoloso in quel frangente, soprattutto all’indomani del fatidico 17 Luglio 1988. Aria, acqua, terra e cibo, la paura delle ripercussioni sulla salute era costante e andava a cozzare con la falsa informazione che arrivava da diversi fronti. Oggi sappiamo che l’aumento di rischio di malattie tumorali paventata da Medicina Democratica nei suoi dossier è reale ed è un fattore che indica quanto le nostre vite siano, oggi come allora, appese alla passività delle istituzioni che nel corso degli anni hanno sorvolato sull’argomento della bonifica o addirittura osteggiato alcuni tentativi di ricerca della verità sulle analisi chimiche. La bonifica di alcune aree a tutt’oggi ancora non sussiste.

L’acqua del canale Lavello, quella delle falde acquifere, dei pozzi nella zona litoranea nelle vicinanze degli stabilimenti industriali e quella del mare è stata inquinata nel corso degli anni anche precedenti allo scoppio del 1988, da forti quantitativi di metalli pesanti, solventi e altri materiali tossici contenuti in fusti che arrivavano via mare presso il porto di Marina di Carrara, su rotaia presso la stazione della Zona Industriale e su gomma da chissà quali altri stabilimenti chimici di vario tipo. Nel migliore dei casi quei bidoni stazionavano nei depositi per un periodo variabile e poi andavano incontro ad incenerimento e dunque la consistente massa di fattori inquinanti si scaricava in atmosfera in un fumo denso nerastro, dando all’aria quel caratteristico odore dolciastro di diossina che ci ha accompagnato per tanti anni, e che quando il vento di ponente dava spinta si andava a spandere lentamente su tutta la provincia e zone limitrofe sino alle vette apuane. Una pagina dura, per certi versi dolorosa, triste ma che fa parte certamente del nostro recente passato.

I MANIFESTI

Manifesti, ciclostilati, periodici e quotidiani, dossier, documenti

Andando ad analizzare la collezione presente nel nostro archivio e catalogata già sin dal 2001, di circa 700 unità appartenente al fondo Goliardo Fiaschi, ci siamo resi conto che circa una settantina di manifesti, sono stati prodotti a cavallo tra anni ’80 e ’90 dal movimento scaturito dalle proteste dell’Assemblea Permanente dei Cittadini di Massa e Carrara. Altri riguardano argomenti correlati, ovvero non riguardano prettamente l’episodio Montedison/Farmoplant della zona apuana ma hanno comunque a che fare con quella lotta; altre realtà lontane o vicine come Seveso (ICMESA), Cengio in Val Bormida (ACNA), Bhopal (Union Carbide India Limited) e Černobyl’.

Circa una ventina sono invece i più significativi e sono frutto di elaborazioni grafiche di notevole rilevanza. In alcuni casi i motti, i giochi di parole, i contrasti di colore, le sfumature e gli spunti iconografici sono stati usati per attrarre di volta in volta l’attenzione su un particolare avvenimento o argomento centrale, cercando di non far deviare l’attenzione pubblica dall’urgenza ambientale, in tempi in cui le notizie venivano abilmente filtrate anche da alcuni media ufficiali asserviti alle logiche degli industriali.

CONFERENZE E DIBATTITI

Incontri sul tema delle lotte sociali passate e future

Durante l’esposizione si alterneranno dibattiti, racconti di testimoni diretti e esperti perché è opportuno, a trent’anni dallo scoppio avvenuto all’interno della fabbrica, parlarne ancora, mettendo in relazione eventi e concetti che possono apparentemente sembrare lontani ma che sono in realtà ben collegati.

Il WORKSHOP

La serigrafia DIY

In contemporanea all’esposizione e secondo la modalità di autoproduzione molto vicina al pensare/agire libertario, proponiamo il workshop di serigrafia ‘do it yourself’, dove i partecipanti andranno ad analizzare i contenuti grafici e le tecniche artigianali dei manifesti d’epoca esposti e realizzeranno con telai e spatole nuovi manifesti!

CONTRIBUTI VIDEO E FOTOGRAFIE

Riproponiamo in questi giorni alcuni lavori che analizzano quel periodo attraverso interviste, studi mirati e raccolte di dati scientifici che sono state realizzate nel corso degli anni recenti come ad esempio il documentario ‘Quando La Zia Fumava’, o alcune video-interviste ad ex dipendenti, abitanti e attori delle lotte. Abbiamo coinvolto gli autori per riflettere sulla possibilità di cercare un terreno comune e affrontare assieme un ragionamento sulla situazione attuale e su ciò che sarà nel breve periodo.

Saranno inoltre proiettati video sull’escavazione selvaggia delle montagne, tra cui ‘Aut Out.’

STUDIO TEATRALE

Marbleland

Un affresco di voci diverse, quante sono le professioni e le figure del mondo delle cave di Carrara di ieri e di oggi. Testimonianze di cavatori, imprenditori, scultori, artigiani, camionisti, ambientalisti e persone che il mondo del marmo lo vivono da sempre e lo respirano.

Il marmo bianco, l’unica materia prima esportata dall’Italia. Le scaglie, il bluff della valorizzazione del rifiuto e la storia di una città che potrebbe avere le strade lastricate d’oro e invece è uno dei comuni più indebitati d’Italia: un’economia da terzo mondo nel centro/nord del Belpaese. Un monologo appassionato, sferzante e ironico che racconta la storia di quello che è stato definito “il disastro ambientale più grande d’Europa”.

LE PERSONE

I protagonisti delle lotte per la salute

“Grazie” è la risposta che molti dei nostri relatori e autori di questa mostra hanno dato ai messaggi che in questo periodo stiamo inviando. Lo stiamo facendo per noi e per tutti quelli che hanno vissuto e vivono a tutt’oggi nella zona. Questa mostra scaturisce anche dall’intenzione di guardare con nuovi occhi alcuni frammenti di storia recente che per molti versi ancora passata non è, cercando di dare maggior senso agli avvenimenti, al nostro quotidiano.

La socialità è la tematica che ci appare come un fattore consistente nelle immagini del tempo, sulle rughe dei volti, nelle espressioni concise e determinate dei manifestanti, degli intervistati, delle madri dell’Assemblea Permanente per la salute dei cittadini, dei lavoratori che presidiarono gli ingressi della fabbrica per impedire che nuovi convogli entrassero all’interno. Possiamo solo immaginare quali inquietudini potevano annidarsi in loro all’indomani dell’azione che stavano intraprendendo; una querela? Una manganellata? Un figlio o un parente affetto da una malformazione o una malattia incurabile? Un licenziamento? A volte più semplicemente il pagamento di una quella cambiale che andava pagata col misero stipendio che volente o nolente era l’unica fonte di sussistenza per la famiglia.

Questa mostra è dedicata anche a quelle persone che hanno lottato con presidi, manifestazioni, picchetti, azioni di vario tipo e si sono impegnate con dignità affinché quello stabilimento fosse chiuso o riconvertito attraverso un referendum popolare, mettendo da parte di volta in volta le differenze che potevano scaturire anche da dibattiti politici. Molti sono gli assenti ma tante persone si riconoscono ancora in quelle foto, in quei filmati e ci farà piacere se qualcuno vorrà contribuire a riscoperne nuovi e a dare loro un nome.

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Processo Mastrogiovanni

Si è concluso il processo di primo grado per l’uccisione di Francesco Mastrogiovanni. Condanna storica per alcuni medici a pene da due a quattro anni per falso, sequestro di persona e morte come atto conseguente ad altro reato.

L’archivio Germinal di Carrara, unitosi al folto gruppo di compagni intervenuti a Vallo per portare la propria solidarietà e stringersi intorno ai familiari di Franco nelle fasi finali del processo, riporta qui alcuni estratti dalle dichiarazioni e dal comunicato del Comitato Verità e Giustizia per Francesco Mastrogiovanni.

Per noi è soddisfacente la sentenza così come è stata stilata dal giudice, perché, così come non auspichiamo il carcere a nessuno, allo stesso modo vogliamo che nessuno possa essere ucciso in un ospedale pubblico, come invece è capitato a Franco”. G. Galzerano

Vallo della Lucania (Salerno), 30 ottobre  2012

Alla fine della 36ma udienza, alle ore 18.30 di martedì 30 ottobre 2012, il Presidente del Tribunale di Vallo della Lucania, Dr.ssa Elisabetta Garzo, con la voce rotta dalla solennità della sentenza e della decisione, nell’aula Giacumbi del primo piano superaffollata, legge il dispositivo della sentenza.

I sei medici, processati per la contenzione e per la conseguente morte di Francesco Mastrogiovanni, vengono condannati a pene variabili da due a quattro anni di reclusione per i reati di falso, sequestro di persona e morte come atto conseguente ad altro reato.

Vengono condannati i medici Michele Di Genio, Rocco Barone, Raffaele BassoAmerigo Mazza, Anna Angela Ruberto e Michele Della Pepa. I medici, tranne Della Pepa, sono stati inoltre interdetti dai pubblici uffici per 5 anni.

Tutti i dodici infermieri, per sette dei quali il PM aveva chiesto una condanna a due anni di reclusione, si portano l’assoluzione a casa.
Si attendono le motivazioni per capire.

Il tribunale inoltre condanna i medici e il Direttore Generale dell’ASL Salerno 3 alle spese legali e a risarcire i familiari di Francesco Mastrogiovanni e le parti civili e Associazioni che si sono costituite (Telefono Viola, Unasam, Iniziativa Antipsichiatria, Avvocati senza frontiere, Movimento per la Giustizia Robin Hood e ASL Salerno).

Questo risultato è stato possibile grazie a un agghiacciante video che ha filmato, minuto dopo minuto, l’agonia di Mastrogiovanni per tutta la durata della sua permanenza in ospedale. Un video che i medici non hanno fatto in tempo a distruggere, che li ha inchiodati alle loro responsabilità, per aver causato la morte di un uomo pacifico, tranquillo e niente affatto aggressivo come le implacabili e veritiere immagini ci mostrano, anche se gli avvocati degli imputati – pur smentiti dal video – hanno continuato a dire che era violento, aggressivo e non collaborativo.

Nel corso delle arringhe, gli avvocati hanno tentato di scagionare i propri clienti,  ad esempio quello del Dr. Mazza, che prima di chiedere l’assoluzione ha scusato l’assenza del suo cliente perché ancora stravolto da quanto successo, aggiungendo che questi lo avrebbe incaricato di esprimere il suo dolore pubblicamente alla famiglia di Mastrogiovanni. Con tre anni di ritardo!

Al funerale di Mastrogiovanni non si vide un solo medico né del reparto di psichiatria né dell’Asl Salerno 3 tra le duemila persone indignate che parteciparono, e solo adesso il dott. Mazza se ne ricorda. Né l’ASL ha mai espresso le condoglianze alla famiglia, anzi ufficialmente l’ASL non ha mai comunicato la morte di Mastrogiovanni alla famiglia. A darne la notizia per telefono alla sorella fu il sindaco di Castelnuovo Cilento.

Nel piazzale antistante il tribunale di fronte alla maestosa scritta in greco “Verità”, opera dello scultore cilentano Antonio Trotta, è esposto uno striscione che reca la scritta a caratteri cubitali «GIUSTIZIA PER MASTROGIOVANNI MORTO NELLE MANI DELLO STATO. PERCHE’ NON ACCADA MAI PIU’».

Durante tutto l’iter processuale non sono avvenuti mai incidenti e anche la lettura della sentenza è stata ascoltata da una folla silenziosa e rispettosa, con persone venute dalla Sicilia, dalla Calabria, dalle Marche, dalla Toscana, dall’Emilia Romagna, dal Lazio.

La sentenza – anche se tutti si aspettavano una condanna con qualche anno in più di reclusione – è stata accolta dalle lacrime dei familiari di Francesco Mastrogiovanni e dalla soddisfazione degli avvocati delle parti civili e dagli esponenti del Comitato Verità e Giustizia per Mastrogiovanni.

La sentenza del Tribunale di Vallo della Lucania afferma che la contenzione non è assolutamente un atto medico. Il teorema affermato anche in udienza dal direttore sanitario, Dott. Pantaleo Palladino, secondo il quale «la contenzione è terapia», e ripreso dagli avvocati degli imputati,  è stato sconfitto in nome della civiltà e dell’umanità.

Il Tribunale di Vallo della Lucania, ridando dignità alla memoria di Franco Mastrogiovanni, che è stato a lungo calunniato in questo processo, in cui è stato dipinto sempre come violento, aggressivo, incurante della persona, ha stabilito che la contenzione dei pazienti non è assolutamente un atto terapeutico, né medico, né legale. Da oggi sia i parenti che i pazienti contenuti negli ospedali, negli ospizi e nelle case di cura possono chiedere e ottenere di essere slegati. La contenzione è un reato. Lo ha stabilito il Tribunale di Vallo della Lucania!

Comitato Verità e Giustizia per Francesco Mastrogiovanni

Huila (Colombia): paese che vai, violenza del governo che trovi

Per la costruzione della centrale idroelettrica El Quimbo nella regione di Huila (sud est della Colombia) il governo colombiano, assieme alle transnazionali ENDESA, ENEL, EMGESA , ha attaccato con violenza le comunità di pescatori, minatori e contadini che vivono sulle sponde del fiume Magdalena e che da esso traggono le loro forme di sostentamento giornaliero.

Le immagini del video riguardano uno degli sgomberi effettuati dalla polizia colombiana nei primi giorni di febbraio (2012), con le solite modalità: gas lacrimogeni sparati sulle persone, violenza gratuita sui più deboli (bambini, anziani, donne incinta).

E come sempre non manca un’azienda italiana, in questo caso l’ENEL: noi con le nostre bollette finanziamo la distruzione dell’ambiente e la violenza su altri popoli.

la situazione in Grecia: comunicato dei Comunisti Libertari di Atene

Siamo stati “misurati” ancora una volta….e le nuove misure di austerita sono ormai un fatto

 Non si puo fare un riassunto , cosi, alla breve, della situazione che c’è in grecia oggi.
Delle cose che sono successe questi ultimi giorni.
Ieri sera, un ex presidente dell parlamento, ha elencato tutti i mali che avrebbero colpito il popolo greco se non sarebbe stata approvata la nuova legge: fame , miseria e freddo, dato che secondo lui, non ci saranno i soldi per importare cibo e petrolio (come se i capitalisti avessero lasciato un euro dei loro guadagni in grecia1, mica sono stronzi come il popolo che e rimasto senza soldi e che gli succhiano il sangue con le tasse….), guerra (con la turchia) etc “flagellum dei”
Un giornalista ha scritto che, l’unica cosa che non hanno annunciato e l’alba dei morti viventi.
Un altra cosa che non hanno annunciato, dico io, sono le botte ed i lacrimogeni, perche quelli ci sarebbero stati comunque, approvata o no la legge.
Solo che, stavolta, la gente ha reagito. E per la prima volta, il bilancio dei feriti, almeno quello “ufficiale” e quasi alla pari, tra le due parti. Merito anche della polizia; nella manifestazione di ieri sera c’era tantissima gente per strada (forse piu di 250.000 persone) e la polizia ha cercato prestissimo di evaquare piazza syntagma con il risultato di “imbotigliare” la gente nell centro di  Atene gomito a gomito e quindi forzarla a reagire dato che non poteva ritirarsi, cosa che ha creato scontri in piu di 20 fronti contemporaneamente. Dato che ormai qua la gente e abituata agli scontri con la polizia durante le manifestazioni, la reazione e stata molto tenace. Anche la tecnica degli scontri sta facendo grandi passi avanti: In un caso 5 moto della polizia che caricavano i manifestanti  sono andate contro una corda tirata tra due pali a mo di trappola. Naturalmente i motociclisti sono caduti, e le hanno prese di santa ragione.
Naturalmente, grazie ai mass media (che nulla dicevano delle cariche della polizia e della gente, ma che ripetevano continuamente un delirio sulla povera Atene distrutta dai vandali),  oggi di nuovo si sentono cori di varii idioti “indignati” per via delle 50 banche bruciate (stronzate dell tipo “chissa quanta povera gente che lavorava in quei negozi –nessuno parla di banche- ha perso il lavoro”, senza pero dire che con le nuove misure di austerita il lavoro lo perdera comunque tantissima gente).
Ma la realta, trova la sua strada spontaneamente, si sa: nell mezzo dell dilemma “memorandum” o “no memorandum”, “prestito” o “fallimento”, nascono da sole le vere alternative. I problemi veri, quelli della gente, e non i falsi ideologici dei politici che secondo l’orientamento politico vorrebbero fare della grecia un paradiso speculativo oppure una Cuba dell mediterraneo, costringono la gente ad organizzare la sua vita in un altro modo.
Per la prima volta nella storia della Grecia moderna, l’autogestione non è una novità. Nessuno si stupisce ormai di niente:
“ – L΄emmitente radio della chiesa ortodossa per poco non veniva occupata
    -Sai che novita… l’emmitente televisiva ALTER è occupata e autogestita dai lavoratori, L’ospedale
    di Kilkis e occupato e sotto il diretto controllo dei lavoratori., nessuno non sa quante aziende si
    trovano in sciopero oppuro sono state occupate.”
          “-Non ho un euro in tasca e mi telefonano dalla banca per il prestito
           -Mandali a quel paese;fanno tutti cosi, mica sei unico”
          “-Non ho soldi per pagare le imposte straordinarie…
           -E che te ne frega? Non pagarle, mica sei l’unico? Che vuoi che ti facciano???
         “-Mi taglieranno la corrente, non avevo soldi per pagare la bolletta2..
          -Riallaciala da solo. Se non sai farlo, telefona ai “non pago”, ti diranno loro come fare”
Questo e un momento di tragica auto -conoscenza. La gente che credeva di vivere nell paradiso capitalista che non morira mai, si rende conto che non è salita sull Eurorail, ma sull treno per i campi di lavoro. E capisce a suon di licenziamenti, debiti, sfratti e qualche volta di botte, che se non risponde ai colpi, non perdera solo la dignita, ma molto di più.
Ma ha ancora legami con il passato. Ancora qualche speranza, che si potra ritornare nell paradiso dei giochi olimpici. Che tutto e solo un brutto sogno. E, purtroppo come il gabbiano jonathan livingston, se non va a sbattere contro la spiaggia con mille all’ora, non riuscira a capire che cosa puo fare, che cosa deve fare.
Ed e brutto, veramente brutto, dover dire a gente ridotta cosi, “io te l’avevo detto”, non per sfotterla ma per farlo ragionare, fargli capire che si, avevamo ragione noi, e se non si cambia strada e modo di fare subito, sara ancora peggio. Perche c’è ancora chi crede che i dimostranti sono i cattivi e la polizia i buoni, e che l’incendio si fermera nella casa dell vicino…
1Una frase da notare, durante il “dibattito” di ieri nell parlamento, di G.Papandreu, ex primo ministro: “Dall tempo dell primo prestito (ndr: cioe meno di un anno fa) sembra che piu di 70 miliardi siano stati trafugati in svizzera ed altri paradisi fiscali” Cioè, traduco io, in meno di un anno, i ricchi di questo paese, hanno trafugato piu soldi che quelli che lo stesso paese ha preso in prestito dagli strozzini internazionali (1o prestito=63 miliardi), naturalmente senza pagare un centesimo di tasse. .Perche le tasse, ovviamente, sono solo per il popolo.
2Una tassa speciale sulla proprieta immobiliare va pagata con la bolletta della corrente elettrica. In grecia la piccola proprieta e molto diffusa, e generalmente quasi tutti hanno una casa “di famiglia”. L’idea della tassa sulla proprieta immobiliare non è, a se per se, unàidea cattiva se non fosse che e l’ennesima tassa imposta e che ormai, solo i ricchi hanno soldi per pagarla. Se non paghi la tassa, ti tagliano la luce, cosa che penalizza proprio i piu deboli come i pensionati etc. I lavoratori della compagnia eletrica hanno dichiarato che non taglieranno la corrente a nessuno, e quindi il tutto e passato come appalto a delle ditte private, molte delle quali, dopo aver ricevuto la “vistita di cortesia” di compagni ed altri (per esempio cittadini armati di fucili a Creta) hanno deciso che era meglio non proseguire.

Si è spento Giovanni Pedrazzi sindacalista CIAO PEDRO

Si è spento a Carrara l’otto gennaio, in seguito a una grave malattia Giovanni Pedrazzi.

Pedrazzi e Barroero durante il convegno su Alberto Meschi. maggio 2009 Germinal Carrara

Nato a Miseglia il 17 ottobre 1938 all’età di 16 anni è al lavoro in cava a fianco del nonno materno Fortunato dal quale, oltre che dal padre e dallo zio, impara le prime nozioni del mestiere. Tre anni dopo, dietro pressione dei genitori, lascia le cave per l’edilizia e si specializza in impianti elettrici condominiali. Da quel momento ha inizio la sua attività politica e sindacale: è fra i fondatori del consiglio di fabbrica Edili e contribuisce a lanciare una coscienza antinfortunistica nei cantieri. Questa caratteristica lo distingue anche nel costruendo stabilimento Montedison, ove lo si vedrà alla testa dei lavoratori delle imprese, protagonisti di 17 giorni di sciopero ad oltranza (1978). Chiamato al lavoro a tempo pieno dal sindacato Confederale, segue i Lavoratori del Mare. Organizza tre giorni di sciopero per i marittimi delle navi cartiera di Arbatax; sigla con Assomarittima il primo integrativo provinciale; fa sequestrare navi battenti bandiera ombra, ponendo un argine al supersfruttamento della categoria. Chiamato alla sede centrale, gli viene affidato il settore del commercio nel quale si distingue per la vertenza Standa. Causa una malattia del funzionario che seguiva il settore marmo, viene indicato provvisoriamente di occuparsi di tale ambito lavorativo. Questa “provvisorietà” lo ha visto fino all’ultimo dei suoi giorni attivista col Cobas del Marmo.(da Racconti di Paese, Giovanni Pedrazzi, Ed. Coop. Tipolitografica Carrara, 2003)

“Pedro”, come veniva confidenzialmente chiamato, vista la sua spiccata esigenza di libertà e giustizia negli anni ’80 si è avvicinato al movimento anarchico stringendo un forte legame con Alfonso Nicolazzi insieme al quale ha organizzato e partecipato a svariate lotte sul territorio nonchè convegni e commemorazioni del sindacalista anarchico Alberto Meschi. Soffrì tantissimo della scomparsa di Alfonso il quale aveva introdotto l'”usanza” di riservargli uno spazio sul palco del Primo Maggio per gli aggiornamenti delle lotte da lui condotte nelle cave ma non solo. Usanza che è stata mantenuta fino al Maggio 2011. A Carrara era molto popolare per la sua tenacia, umanità e testardaggine nel condurre le lotte. Sempre al fianco dei lavoratori, degli anziani e dei più deboli è stato protagonista oltre 30 anni fa’ di una protesta a Marina di Carrara per rivendicare i diritti dei bagnini. E’ stato promotore del Comitato Anti Gaia e l’anno scorso aveva iniziato un percorso molto difficile per contrastare la ristrutturazione del soccorso cave. Ultimamente era molto impegnato affinchè venisse riconosciuto il lavoro in cava come usurante, arrivando a proporlo in parlamento. Negli ultimi anni aveva pubblicato un romanzo in due volumi: Racconto di Paese, una storia di pura fantasia dalla quale emerge la sua forte necessità di libertà, uguaglianza e giustizia. Carrara perde una grande persona, un amico e un fedelissimo compagno. Fra le sue ultime volontà quella di avere un funerale anarchico.

I funerali si svolgeranno il 10 gennaio alle ore 9 con partenza dall’obitorio dell’ospedale di Carrara. Gli anarchici lo accontenteranno accompagnandolo alla sua ultima dimora stringendosi affettuosamente a i figli e alla moglie.

Ciao Pedro

Fidenza
Pedrazzi e Ferrari durante il convegno su Alberto Meschi. maggio 2009 Germinal Carrara

Chiedi diritti ti danno psichiatria

G.B. è un ragazzo di 35 anni, vive a Pisa, i problemi che lo affliggono sono gli stessi che affliggono troppi ormai: anni di precariato alle spalle, poi un lavoro part-time a tempo determinato ed una causa per mobing  in corso.
Su di lui grava una vecchia diagnosi psichiatrica risalente al 2006 anno in cui per la prima volta veniva ricoverato con la forza in seguito a degli attacchi di ansia seguiti alla morte del padre ed alla conseguente fine dell’attività lavorativa paterna nella quale lavorava.
Da allora inizia il suo calvario, invece di aiutarlo le istituzioni preposte gli rendono la vita ancora più difficile. I pregiudizi che diagnosi di questo tipo si portano appresso rendono ancora più difficile, quasi impossibile, trovare lavoro, ma G. essendo in grande difficoltà accetta di farsi inserire nelle categorie protette del lavoro. Questo fatto gli permette però di lavorare solo part-time e non arriva lo stesso a fine mese, dovendo pagare minimo 300 euro di affitto. A questo punto G. fa richiesta di alloggio popolare e si rivolge ai sevizi di assistenza sociale per avere un sostegno. La soluzione che gli viene fornita è il ricovero in una struttura residenziale psichiatrica e la nomina di un amministratore di sostegno. Una soluzione questa che avrebbe comportato lo sradicamento dalla sua vita sociale, l’imposizione di ritmi di vita controllati dalla struttura e l’amministrazione da parte di una terza persona del suo denaro, in poche parole la perdita di ogni autonomia e dignità. Per non vedersi costretto ad accettare la proposta indecente dei servizi sociale G. decide di occupare un appartamento abbandonato dove nel frattempo stabilirsi in attesa di un alloggio popolare; questo avveniva circa tre-quattro mesi fa.

Come se non bastasse a tutti questi problemi se ne somma un altro ancora: la necessità di un’operazione chirurgica, che non può essere ulteriormente rimandata e che richiede mesi e mesi di convalescenza, una convalescenza che di certo non può essere affrontata in mezzo alla strada.

Scoraggiato, vedendosi negare il diritto alla casa, il diritto al lavoro e il diritto alla salute si è rivolto nuovamente alla psichiatria: si è ingenuamente recato al CIM, il centro territoriale di igiene mentale, per chiedere allo psichiatra che lo segue da anni che gli venisse riconosciuta la sua sanità mentale; con la speranza di potersi liberare una volta per tutte dallo stigma psichiatrico e di poter far andare la propria vita in una nuova direzione. G. non sapeva che in psichiatria la guarigione non è contemplata.
Dopo il colloquio, una volta rientrato a casa, si è ritrovato circondato da un folto drappello di persone che gli intimavano di dover andare con loro in psichiatria. Al nostro arrivo abbiamo trovato quattro poliziotti municipali, otto vigili del fuoco, due operatori della croce rossa, due funzionari dell’ASL e lo psichiatra che ha ordinato il TSO. Questi ultimi, rimasti tutto il tempo in disparte, inizialmente non avevano ancora l’ordinanza che permetteva loro di privare della libertà a G. e quindi c’è stato il tempo di fare una mediazione e di spiegare ai poliziotti ed ai vigili cosa era successo prima di quel momento dato che non conoscevano G. e non sapevano assolutamente niente di lui . Una volta arrivata l’ordinanza, quando i vigili stavano per sfondare la porta, abbiamo convinto Gianluca a scendere e mostrare ai presenti che era tranquillo e che la sua agitazione era dovuta non ad un delirio ma al fatto che era andato gentilmente a chiedere diritti e gli è stato imposto un TSO. Il suo errore è stato quello di aver riferito allo psichiatra di sentirsi bene e di non prendere più i farmaci da almeno due anni. La mediazione che ha convinto G. a uscire di casa consisteva nell’impegno di poliziotti e vigili a non mettergli per nessun motivo le mani addosso, cosa che G. temeva, e che sarebbe andato autonomamente con la macchina di un amico all’ospedale S. Chiara di Pisa.
Tutto questo per scongiurare il TSO, convinto di poter ancora spiegare la sua situazione e non essere medicalizzato; ma così non è stato.
Il trattamento sanitario obbligatorio che costringe la persona a rimanere in ospedale e ad essere curate con psicofarmaci anche contro la propria volontà viene usato per medicalizzare e trattare come malate le persone che vivono un disaggio, qualunque esso sia, anche quando la causa di questo è chiaro a tutti e riguarda il lavoro e la casa. Si può concludere dicendo che il TSO spacciato come superamento dell’internamento in manicomio è solo propaganda e l’apparato di garanzie e di tutele messe in campo dalla legge 180 sono di fatto puramente teoriche e di facciata. Il sindaco che dovrebbe essere il primo garante contro gli abusi si limita a ratificare le richieste di TSO operate dagli psichiatri del CIM ed il giudice tutelare che dovrebbe sorvegliare si limita a verificarne la correttezza formale del procedimento, senza tenere conto della dinamica reale dei fatti.

Come collettivo antipsichiatrico, che da anni contrasta gli abusi e le pratiche psichiatriche, denunciamo il trattamento sanitario obbligatorio subito da G.B. come un atto ingiustificato, spropositato e dannoso, come un vero e proprio abuso di potere che ha lo scopo di cambiare discorso, di spostare l’attenzione dai motivi reali del disaggio di G., casa e lavoro, e ridurli a scompensi celebrali per rilevare i quali non esistono analisi da laboratorio, ma solo ed esclusivamente il giudizio di uno psichiatra.

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud – Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org

Strage di Viareggio: trentadue morti senza giustizia

Il 29 giugno del 2009 la fuoriuscita di gpl da un treno-cisterna fermo alla stazione di Viareggio provocò 32 morti, decine e decine di gravi ustionati e un quartiere, quello attorno a Via Ponchielli devastato. I sopravvissuti e i familiari delle vittime costituirono un comitato, Assemblea 29 Giugno, per fare chiarezza sulla vicenda. A due anni di distanza, come consuetudine in questo paese, non c’è né verità né giustizia. Quello che è successo, che si configura sicuramente come un incidente di lavoro, si è trasformato in uno dei peggiori incidenti ferroviari e il 4 novembre 2011, a conclusione dell’udienza per l’incidente probatorio, ha assunto tutti gli aspetti della strage di Stato.
L’udienza nel tribunale di Lucca, durata tre giorni, doveva avere come finalità quella di raccogliere e discutere in contradditorio le perizie dei consulenti tecnici della RFI, della procura della repubblica e del Comitato, sulle cause dello squarcio nella cisterna e della rottura dell’assile. Quello che ne è uscito, raccontato nell’assemblea pubblica tenutasi il 14 Novembre a Viareggio, è stato sconcertante: i consulenti di RFI hanno negato l’evidenza facendosi beffa delle leggi della fisica e della dinamica. Nelle relazioni messe agli atti ci sono le conclusioni ma non le premesse e mancano gli allegati tecnici e scientifici che a quelle conclusioni portano. Sia i consulenti tecnici della procura, che quelli del Comitato si sono trovati in serie difficoltà a portare avanti il contradittorio con periti che affermavano: “i calcoli non sono affidabili… le ricostruzioni sono state fatte ad occhio perché più attendibili di una ricostruzione digitale tridimensionale”. Trattandosi di parti meccaniche in cui si ragiona in ventesimi di millimetro e in decimi di grado è davvero difficile da credere, anche per chi non ha alcuna cognizione in materia. Gli avvocati della procura hanno chiesto la sostituzione di questi tecnici, per due motivi: l’inadeguatezza del lavoro scientifico e il conflitto di interessi di uno dei due consulenti. Si, perché l’Ing. Licciardello ha un contratto di consulenza con la direzione centrale delle ferrovie, che fa capo alle ferrovie dello Stato e al ministero dei trasporti, contratto che individua come soggetto pagatore la RFI, nel sistema di scatole cinesi che la privatizzazione delle ferrovie ha comportato. In poche parole RFI si è scelta come consulente tecnico un suo dipendente. La richiesta è stata ricusata dal GIP, Dott. Silvestri, che ha affermato la bontà delle perizie e l’assenza di conflitto di interessi. Dunque, con queste relazioni tecniche, che sono una pagliacciata, si andrà al processo.
Come se non bastasse, il 7 novembre, tre giorni dopo la chiusura dell’udienza, l’amministratore delegato di Trenitalia, Moretti, ha licenziato Riccardo Antonini, ferroviere e consulente del Comitato, con l’accusa di conflitto di interesse. Antonini si è da sempre occupato di sicurezza sul lavoro e questo ruolo non è mai stato digerito all’interno di Trenitalia. Alla costituzione del Comitato Assemblea 29 Giugno ha scelto di dare il suo contributo con l’esperienza maturata in una vita da ferroviere. Essere un lavoratore che si occupa della salute e della sicurezza sua e dei suoi colleghi ed un cittadino che si preoccupa della sicurezza di tutti, entra in conflitto con l’idea di lavoratore che ha Moretti e che sta prendendo sempre più piede in questo paese.
Antonini per questo ruolo di consulente era stato prima diffidato, poi sospeso ed infine è stato licenziato.
Quando prende la parola nell’assemblea le prime affermazioni riguardano la strage: poteva essere evitata, c’erano già state segnalazioni di problemi da parte dei ferrovieri, obblighi riportati nelle circolari della comunità europea mai applicati (come quello di avere una cisterna vuota all’inizio e alla fine del convoglio), una petizione da parte dei cittadini di Via Ponchielli che risale all’ottobre del 2001 in cui chiedono delle barriere di separazione dalla ferrovia. Continua dicendo che all’interno di RFI si vive un clima di intimidazioni di stampo terroristico verso tutti coloro che si battono per la sicurezza. Non sono infatti pochi i ferrovieri licenziati o sospesi per questo motivo, in un settore in cui dal 2007 muore un lavoratore ogni 55 giorni.
Lo sgomento dei sopravvissuti e dei familiari delle vittime è grande ma nessuno è intenzionato a mollare ed anzi sono previsti cortei e manifestazioni di protesta, perché Antonini sia reintegrato al suo posto di lavoro e perché siano indicate le precise responsabilità delle ferrovie, sempre più interessate all’alta velocità e sempre meno alla manutenzione e alla sicurezza.
Il primo appuntamento è stato sabato 19 novembre, con un corteo che ha sfilato a Viareggio, da Piazza Margherita sino alla stazione ferroviaria, dove ci sono stati alcuni interventi e l’occupazione simbolica per 10 minuti di un binario. La partecipazione è stata numerosa e ha visto l’adesione di alcuni comitati, come quello dell’Associazione Familiari della Moby Prince.
La prossima data sarà alla fine di novembre a Roma, in occasione dell’inaugurazione della stazione Tiburtina alla presenza di Moretti.

Ica

http://www.umanitanova.org/n-34-anno-91/strage-di-viareggio-trentadue-morti-senza-giustizia

Piantiamo un albero a Ni’lin in Cisgiordania

Mercoledì 30 novembre si è tenuto l’incontro con Saeed Amireh, del Comitato Popolare di Resistenza contro il muro dell’apartheid che attraversa il territorio di Ni’lin, 27 chilometri da Ramallah; Saeed è riuscito ad ottenere un visto di sei mesi e sta girando l’Europa per raccontare quello che sta accadendo in Cisgiordania, l’incontro a Carrara è stato organizzato dall’Arci Massa Carrara, Francesca Solari ed Elisabetta Buttiglione.

SAEED AMIREH, arrestato quando aveva diciasette anni per aver preso parte a manifestazioni pacifiche, racconta quello che sta accadendo a Ni’lin dal 2004, anno in cui inizia la costruzione del muro. Gran parte del territorio di Ni’lin era stato annesso al nuovo stato di israele nel 1967, privando la Comunità di una buona fetta di terreno agricolo necessario al suo sostentamento. Nel 2004 inizia la costruzione del muro “per ragioni di sicurezza”, avanzando ancora rispetto alla linea di confine del 1967, e con esso iniziano le manifestazioni pacifiche degli abitanti, che occupano giorno e notte le zone interessate dal cantiere, indispensabili per la loro economia contadina. In questo modo riescono a proteggere circa 1.500 ettari. Nel 2008 lo stato d’israele ricomincia l’opera di costruzione e si formano nuovi Comitati di resistenza pacifica in ogni villaggio, con la collaborazione di attivisti internazionali e degli anarchici israeliani. Il 27 maggio 2008 c’è la prima manifestazione, dispersa con spari di proiettili di gomma che causano tre feriti gravi. Da quel momento l’esercito israeliano inasprisce le misure: coprifuoco, spari alle cisterne dell’acqua delle case, fino all’uccisione di un bambino di 10 anni, AHMAD ROUSA, durante un’occupazione pacifica. Il giorno del funerale di Ahmad c’è un’altra manifestazione in cui viene assassinato YOUSEF AMIREH 17 anni, con un colpo alla testa e nei giorni seguenti: ARAFAT KHAWAJA, 22 anni; MUHAMMED KHAWAJA, 18 anni; AQUIL SROUR, 36 anni. Cominciano i primi arresti dei leader dei vari Comitati di Resistenza, fra cui il padre di Saeed. Per questo motivo Saeed apre un blog, Support Ibrahim: http://supportibrahim.com/.

L’esercito israeliano sta usando in questi territori tipi di proiettili che esplodono al  momento dell’impatto, proibiti dalle leggi internazionali ed anche da quelle isreliane, candelotti lacrimogeni in grado di trapassare il muro delle abitazioni, pratiche di devastazione di case e campi coltivati. Con queste armi continua la sua opera di repressione contro le proteste pacifiche dei Palestinesi di Ni’lin, reclusi nel loro villaggio, circondati da filo spinato e da un muro di cemento, con un tunnel creato dagli israeliani all’entrata del paese e controllato da chekpoint. Nonostante tutto le manifestazioni continuano. Per avere maggiori informazioni sulla storia di Ni’lin: http://www.nilin-village.org/nilin/

Ni’lin, che è una Comunità agricola, ha perso un migliaio di alberi di olivo dall’inizio della costruzione del muro dell’apartheid, distrutti da bulldozz o bruciati. Abbiamo la possibilità di dare un aiuto concreto affinchè si possano ripiantare questi alberi. Un albero costa 7 euro e lo si può regalare alla Comunità di Ni’lin dal sito http://replantpalestine.org/. Sono già al 75% dell’obiettivo prefissato per il 2012.

Atene 17 Novembre 1973

Il 17 Novembre del 1973 si concludeva tragicamente l’occupazione del Politecnico di Atene, nel quartiere di Exarcheia. Il 14 novembre gli studenti entrarono in sciopero per protestare contro la
dittatura fascista dei colonnelli, iniziata nel 1967, seguita al colpo di Stato che vide la collaborazione degli Stati Uniti. Barricati all’interno del Politecnico, gli studenti realizzarono una stazione radio con quello che trovarono nei laboratori, incitando il resto della popolazione ad unirsi alla lotta. La mobilitazione fu eccezionale. L’occupazione durò tre giorni, concludendosi con la dura repressione dell’esercito, che causò la morte di 24 giovani. Questo fu il primo segnale forte contro la dittatura dei colonnelli ed è ricordato ogni anno con un corteo che termina all’interno del Politecnico.

 

dopo Roma: forme edite di terrorismo

Oggi Maroni in parlamento parla di forme inedite di terrorismo, quelle che si sono viste a Roma, sabato scorso 15 ottobre. Non sappiamo se quelle nelle strade siano state forme inedite di terrorismo, siamo sicure/i che quello che riportano i media al servizio dello Stato, quello che le forze del dis-ordine, con lacrimogeni cancerogeni sparati ad altezza uomo, e le leggi, che in questo momento stanno pensando di fare, per negarci ulteriormente diritti e libertà conquistati in secoli di lotta, siano forme, purtroppo edite, di terrorismo, quello dello Stato.

Probabilmente reintrodurranno il reato di associazione di malfattori, nel completo e generale disinteresse.

Assistiamo sui social network, come per strada, a discussioni tutte incentrate sulla condanna degli atti di violenza, pare che improvvisamente siano scomparse le preoccupazioni per una manovra finanziaria che è una macelleria sociale, sia scomparsa la convinzione che il debito non sia il nostro e che questa crisi non la devono pagare ancora e sempre i lavoratori.

Ma quando riusciremo ad arginare QUESTE forme legalizzate di terrorismo?